La storia dei suc

Testimone: Anna Rovera nata a Dronero il 27/02/1909, morta a Bra nel maggio del 2002
Intervistatrice: Elena Rovera
Luogo e data della registrazione: Bra, 20 marzo 1996

Una volta c’era un papà e una mamma, avevano tre figli, ma due femmine e un ma­schio, le due femminucce erano le due più grandi e il maschio era ancora piccolo; erano poveri. Allora quello veniva l’inverno, e una volta non è come adesso che ci scaldiamo con, una volta c’era solo il fuoco e bisognava prepararsi il bosco per l’inverno e per mettere a tenere il fuoco nella stufa ci andava dei suc, dicevano i suc. Anche noi preparavamo, perché noi mettevamo la stufa nella stalla.

E allora un giorno, era già l’autunno, e suo papà ha detto alla prima, la prima ra­gazza: “Vieni, andiamo a prepararci un po’ di suc per quest’inverno, poi, fa poi freddo.” E i suc non è che facevi, anche che li prendevi nel prato dell’altro, per dire, non è che facevi danno perché, e allora sono andati, si son presi l’asinello e con due ceste , una per parte, sono andati, camminavano. E mentre si son trovati là, in una grossa foresta: dice: ” To’, qui ce n’è di suc, fermiamoci qua.” Si son fermati li, e allora si son messi, suo papà li toglieva i suc, batteva, perché, e la ragazza li prendeva e li metteva nelle ceste. Mentre a un momento è arrivato il pa­drone: “Ooh, chi è qui che lavora nel mio bosco?” E suo papà à dì: “Siamo noi, ma guardi, noi siamo tanto poveri e non è che vi tagliamo la legna, guardate pure, noi prendiamo solo i suc, quelli secchi, per mettere poi nell’inverno”

“E va bene, ma il bosco è mio”.

“Eh, noi non abbiamo dei soldi per comperare la legna.”

E allora a noi dicevano che era il magu, ma, sai, quai magu era io sì che so, perché quello era il mago, ha detto: “Adesso, se sei povero , io ti faccio diventare ricco, ma tu mi devi dare la ragazza.” E il papà, lasciare la ragazza lì con quell’uomo gli dispiaceva; à dì: “Altrimenti!” Allora non ha più saputo come fare, e quello, perché ha detto: “Invece dei suc , ti do dei marenghi, tanti marenghi d’oro; vedi, così non

sei più povero; la ragazza con me non sta male, io non le faccio del male.” E suo papà è stato male, non si sentiva più andare a casa, e come fare? E’ arrivato a casa l’altro gli ha detto: “ E Catlinìn?” Ha detto: “Io ti spiego così e così: noi abbiamo fatto un po’ più tanto del cammino per trovare un bosco che ci fosse stato tanti suc. Mentre che eravamo lì, è arrivato il padrone: “Ebbene?” “Ebbene il padrone ha detto se non lasciavo stare Catlinin là, ha detto che ci ucci­deva. Ooh, ma, ma, e invece quanti, cosa mi ha dato, tanti marenghi d’oro, ho det­to che eravamo poveri, gli ho spiegato, ma niente da fare.”

Eh, hanno pianto un po’ la ragazza: “Ma mi ha detto che alla ragazza non le face­va del male, se la teneva per sposa, ma non le faceva del male.” Eh, va “beh, adesso avevano tutti quei marenghi d’oro, e del bosco non ne avevano. E gli ha detto all’altra figlia: “Se vuoi venire con me, non andiamo in quel bosco là, perché io cono­sco, andiamo in un altro.” Eh, questo qui lo conosceva il bosco, non è andato in quello, è andato in un altro. Oh, quando erano là, oh, è di nuovo arrivato il padrone : “Ma cosa fate nel mie bosco?” I nostri ci facevano paura e dicevano “Uh, che cosa c’è qui che mi divora il bosco?” E quell’uomo gli ha di nuovo raccontato la stessa frase. E diceva lu magu e diceva: ” Via, altrimenti vi uccido io tutti e due.” Ah, diceva  il mago, perché faceva un rumore, una persona grossa, faceva: “Oooh, chi è che mi divora il mio bosco?” Allora quel papà ha avuto paura, perché spaurito dall’altro, ma ha visto che non era quello. E allora gli ha detto: ” Oh, te eri povero, ma adesso non sei più povero, perché mio fratel­lo ti ha fatto diventare ricco. Tu sei venuto a prendere il bosco nel mio – dice va – Adesso se mi lasci stare anche questa ragazza a me, altrimenti!” Oh, suo papà dice che l’ha implorato: “Ma abbiamo solo più questa!”, e il mago niente da fare. Ha detto: “Non sei ancora solo, hai ancora un ragazzo, il piccolino, hai an­cora il ragazzo, ma diglielo a tua moglie” Dice : “E ma io non gli fo, non è che gli faccio del male, che la uccido.” Ah, si è messo le mani in tasca, gli ha detto: “Io non ti do dei soldi, io ti do questo, non la perdere, non lasciartela mai prendere, questa ti servirà, ti viene poi a taij quando ne avessi bisogno.” Era la borsetta del comando, gli ha dato la borsetta del comando.
Ehhh, così suo papà quella volta lì è stato proprio male, proprio male, è andato a casa di nuovo senza l’altra.

Eh, è andate a casa e gli ha detto di nuovo quello a sua moglie, poverino, ha detto, sua moglie gli ha detto: ”Ma l’altro ti ha dato tanti soldi, questo ti ha dato niente e te gli hai lasciato la ragazza”. Gli ha detto così, così.

Ma allora sono passati, passati degli anni, loro poi avevano dei soldi, perché gli ha dato tanti soldi e quella borsetta lei non è che, l’aveva messa in un posticino. “Poi gliela darò a mio figlio, se ho l’onore di vederlo sposato, io cosa ne faccio di questa, non lo so mica”. Allora il figlio poi aveva diciotto anni, aveva diciotto anni e suo papà era venuto malato e lui aveva diciotto anni, era a lavorare in qualche posto. Lo han mandato a chiamare, che venisse a casa che suo papà stava male. E loro si erano fatti aggiustare la casa, sai, avevano dei soldi e il figlio dice che è arrivato, ha ancora visto suo papà vivo, e l’ha salutato, tutto a posto , poi suo papà, suo papà si è ricordato della borsetta, aveva sempre avuto in mente che la dava poi al figlio e gli ha detto: “Te’ , Giuanin, io non so cosa sia, te’ ti lascio questo, ma tu non la perdere e non lasciartelo prendere da nessuno.” E allora poi è morto, è morto e, dice che il figlio l’ha guardata un po’ quella bor­setta, quella borsettina: “Ad ogni modo papà ha detto che questa qui è una cosa po­tente, non la lascio prendere da nessuno.”

E sua mamma era una che portava il latte al re, da tempo gli portava il latte tutte le mattine, tutte le mattine. Una mattina è andata a portarlo così, ha detto che suo marito era morto e il re gli ha detto: “Ma vediamo, lei aveva due figlie, adesso ne solo più uno solo” , dice “E il ragazzo? ” ” E il ragazzo è arrivato, il ragazzo è arrivato ieri sera, ha ancora fatto a tempo a vedere suo papà.” “Ebbene adesso non lo lasci più andar via, non stia più lì da sola sola. Vediamo”.

E suo papà era morto, han fatte il funerale e la mamma continuava ogni mattina a portare il latte al re, tutte le mattine. Dopo il patimento , come si fa, si era già ripresa, era contenta, ha detto: “No, Giuanin, non andare più via; lascia stare il lavoro là perché anche il re me l’ha detto che stessi a casa con me.” Allora e Giuanin dice che si era fatto un bell’uomo, un bel ragazzo e il re, che una volta gli ha detto: “Signora, sarei contento di conoscere suo figlio.” Gli chiamava, sai, da tempo che quella don­na gli portava il latte, sapeva tutte le sue avventure. “E sarei contento di vederlo perché adesso è alto.” Poi la mamma era contenta: “Sì; sì, è un bravo ragazzo.” Ha dì: “Me lo porti a vedere, mi fa piacere di conoscerlo.” Allora la mamma gli ha detto a suo figlio: “Oh, Giuanin, sapessi cosa mi ha detto il re!” ” E che cosa ti ha detto?” “Mi ha detto che ha piacere di conoscerti.” Ha detto: “Ma non hai nessuna vestimenta, ah, avessi una bella vestimenta: presentarti così davanti al re!” E allora Giuanin ha pensato alla borsetta, ha preso la borsetta e la borsetta gli ha detto: “Comanda!” Ah, allora Giuanin ha detto: “Comando che mi sia qui, mi abbia una bella vestimenta, ma bella, se non più bella, uguale a quella del re.” Quello gli è arri­vato una vestimenta, allora la mamma ha detto: “Allora Giuanin ti devo chiamare domani mattina? Vuoi venire dal re che vuole conoscerti?” ” E vado ma e ” ” E la vestimenta me la son comprata, sai comprata.” “Bravo.” La mamma la mattina prepara il latte come sempre, poi ha detto a Giuanin: “Vieni, andiamo a dare quella soddisfazione.” Allora è andato con sua mamma, sai il re va a vedere che si credeva maga­ri di trovare uno straccione, e quando si è visto un bel ragazzo vestito così ha detto: “Uh, diamine, che ragazzo che ha quella signora, che è una povera donna, che eh, perché io non lo conoscevo, perché era stato del tempo via e si era fatto alto.”

Poi il re non sapeva quello della sua famiglia. E allora il mattino dopo, facendo conoscenza col re, il re aveva anche la figlia, il re aveva anche la figlia , e allora dice che lì quella mattina il re gli ha offerto il caffè, ha tirato a farsi bel­lo perché; ha dì: “Aveva ragione, signora”, e tutto a posto. E Giuanin ha dato, ha guardato la figlia, vedeva una bella ragazza, e allora passava il tempo.

Giuanin ha detto: “Adesso come faccio? Dico a mia mamma che gli dica”, non si sentiva a chiederlo a lei, ha detto: “Faccio chiamare dalla mia mamma. Mamma vorrei che mi faccia un piacere.” ” Sì, sì, cosa devo fare?” Perché dice, perché lei l’aveva trattato proprio.

“Devi chiedere al re se mi dà la sua figlia per sposa.” Oh, sua mama ha detto: “Oh, Giuanin, oh, Giuanin, per carità non pensare delle cose così; no, il re non ti dà la figlia per sposa.” ” Ma – ha detto- chiedigli, chiedergli non costa mica niente.” ” Eh, può costare niente e può costare tanto.” ” Tu chiedigli solo.” Oh, quella mattina la mamma è andata a portare il latte, ma la gente si conosce quando, sai, e il re, il re gli ha detto: “Ma cosa c’è, signora, cosa è successo?” “Maestà, io non so come dirglielo.” “Perché suo figlio è andato via?” Dice: “No, non è andato via.” Dice: “Io non mi oso, mi scusi pure, faccia come vuole di me, mio figlio ha detto di chiedergli la sua figlia da sposa.” Ah, il re subito lì ha detto: “Ma ho visto che suo figlio è un bel ragazzo, pero è anche impertinente, eh, è anche impertinente.” Ma sua mamma era tutta mortificata, à dì: “Io sono mortificata.” “Ebbene adesso gli dice a suo figlio che se domani mattina non mi porta, quando mi porta il latte, se non mi porta un cestino ? , un cestino di fichi, ma freschi, ancora con le foglie attaccate.” E sua mamma è andata a casa, a & momenti non poteva più parlare: “Te l’ho detto, Giuanin!” ” Ma cosa mi hai detto?”

“Di non fare quella cosa.” ” E cosa ti ha detto il re?” “Mi ha detto così e così: se domani mattina io non gli porto un cavagnino di fichi, quando gli porto il latte, ma belli freschi, ti fa tagliare la testa. E tu deve vai a prendere i fichi adesso, a questa stagione” “Ch – ha detto- prima che sia domani mattina!” Adesso aveva la borsetta del comando. Sua, mamma dice che la notte non ha più dormito niente, la povera donna. Al mattino ha chiamato Giuanin: “Ch, io a momenti devo andare a portare il latte alle otto.” Giuanin ha detto: “Ebbene adesso mi alzo” Ha toccato la borsetta, la borsetta dice: “Oh, comanda.”

“Comando che ci sia un cestino di fichi, ma bei freschi, che il re, anche che è re, non sappia dove andarli a prendere a questa stagione.” E quello è arrivato lì un cavagninetto di fichi, ma proprio una meraviglia. Ch, tutto contento à dì: “Te’ mamma, insieme al latte portargli anche i fichi, alé.”

“Ma questa qui non so dove è stata lavorata, quel ragazzo che cosa gli succede adesso”

Ad ogni modo, il figlio ha ringraziato.

Alla mattina dopo la mamma andava su a portare il latte, ha portato il latte come sempre e adesso gli dice al re  “Se mi dà le” . Dice : “Ma mio figlio mi   ha di nuovo detto di chiedergli.”  Ha detto: “Ma suo figlio sarà un bravo ragazzo, ma è impertinente a chiamarmi mia figlia. E adesso gli dice a suo figlio che se non, domani mattina, quando domani o dopodomani, che mi porti un cestino di pesche, di pesche ma proprio raccolte dalla pianta, al momento.” Eh, sua mamma è andata a casa, spaventata; ha detto: “Giuanin, ma te l’ho detto, il re ti fa ammazzare, ti fa ammazzare.” “Cosa succede?” “E così e così . “

“Ah, prima che sia dopodomani portiamo, gli prepariamo le pesche. ” La mattina dopo

ha portato il latte, niente. Il secondo giorno ha detto: “Giuanin, se sei capace, hai comandato delle pesche?”  A’ dì: “Le ho comandate.” e ha toccato la “borsetta e la borsetta: “Comanda.” ” Comando che io abbia un cestino di pesche, ma proprio che il re non le abbia, mai viste belle così, proprio distaccate dalla pianta.” Allora la mamma non sapeva neanche orizzontarsi, era solo contenta a vedere quel cestino da portargli al re insieme al latte, e le ha portate, e il re ha detto: “Oh, sì, suo figlio è proprio in gamba, non è solamente bello, è in gamba. Adesso io gli do mia figlia , però un gocoetto, perché, gli dico, ma, e adesso poi io glielo dico a suo figlio, io voglio che lui si faccia fare qui davanti, come fosse lì nel suo, davanti alla mia, perché non voglio mandare la mia figlia là nella sua casa, signora mi scusi, ma, una palazzina uguale alla mia, uguale, come la mia. Gli do quindici giorni di tempo.”

E , la mamma, gli son cadute le braccia, credeva già di avercela fatta. E’ andata a casa tutta così. Giuanin ha detto: “Ma cosa ha detto?” “Eh, Giuanin, Giuanin, cos’hai fatto?” “E le mie pesche gli son piaciute?”

“Sì, sì, ma adesso ha detto che ti dà anche la figlia, anche la figlia, però ti devi fare una palazzina in faccia alla sua, uguale alla sua, non vuol mandare la figlia sposa. Hai quindici giorni di tempo.”

“Eh – Giuanin ha detto- in quindici giorni facciamo cosa? Facciamo di cose in quindici giorni.” Passa un giorno, passa una settimana, passa un’altra settimana, niente, e allora il re ha cominciato a dubitare. Ha detto: “Un cestino di cose non è facile, però si può, ma la casa, se non è ancora incominciata, come facciamo?”

E sua mamma ha detto: “Ma te l’ho detto, te l’ho detto Giuanin, come fai adesso come fai a fare una casa in una settimana, perché son già passate due settimane.” E Giuanin ha detto: “Ma stai tranquilla, mamma, facciamo anche la casa, facciamo anche la casa.” Allora Giuanin , quando è stato così in metà della settimana, era già il giovedì, poi ha toccato la borsetta e quella borsetta: “Comanda.” “Io comando che nel prato dove vuole il re, ci sia una palazzina uguale alla sua, se non più bella.”

E il re tutte le mattina ohe si alzava, guardava fuori se la cosa cominciava a farsi. Oh, mentre una mattina vede, ha detto: “Cosa è successo?” Ma dove lei voleva la casa una palazzina più bella di quella del re. Allora il re ha detto: “Ah, ha detto, bisogna dargli la figlia, questo qua, non so chi è, ma è potente.”

E quella ragazza gli parlava a un generale, come fanno le ragazze del re, a un generale, e intanto ha visto anche quella casa con tutto bello e a posto. E il re ha detto: “Sposalo, quel ragazzo è potente, vedi cosa, sposalo pure.” “Va bene.”

Sua mamma, sua mamma quella mattina, quando è andata a portare il latte al re a momenti non sveniva a vedere quella casa, eh, per carità! E allora è andata a casa tutta contenta sua manna, ha detto: “Giuanin !”

“Cosa c’è?”

“Il re ti dà la figlia per sposa, quando vuoi sposarti, preparatevi pure, ti dà la figlia.” “Ah, va bene.”

Allora si son sposati e il re era contento, il re, e tra che era un po’ bello, poi ha detto: “E’ poi potente questo qua.” Andavano, lo portava a caccia, andavano a caccia, se lo portava sempre insieme, come si poteva, e diceva: “Oh, Giuanin, guarda la bella lepre là.” eh, toccava, la borsetta e 1’aveva, mentre sparava il colpo, sparava il colpo, ma la lepre veniva subito. Vedeva un fagiano: “Giuanin, guarda che bello!” E questo sparava col fucile. Ah, à dì: Ma questo qua.” E andavano bene, tutto a posto. Mentre questa qui che parlava ancora col generale, e Giuanin quella borsetta se l’era cucita, come si dice, come fosse un giubbottino, un giubbottino, ma cosa vuoi, non si sporcava né niente, perché se lo metteva, così per averlo sempre.

E quel generale anche andava sempre a trovare la sua morosa e diceva anche sempre quello: “Beh, guarda che hai sposato un bel giovane e tutto a posto, ma fare delle cose così che ha fatto non lo trovi tanto, non so come, non so come dire” allora gli ha messo anche delle cose nell’orecchio, la sposa ha cominciato a guardare sai nelle sue robe. Beh, guarda che una mattina Giuanin si è dimenticato quel giribin, come si chiama, non se l’ha e quella  ha trovato quello lì, ha trovato quel gilettino, si è messa a toccarlo, sai, è stato un po’, un po’ più spesso dove c’era, era cucito. Ahhh, allora gli altri, loro, il re e andavano sempre via, e quel generale andava sempre a trovarla, e lei, quando gli ha detto, glielo ha detto, ha detto: “Guarda, adesso io non so, guarda che cosa ho trovato nel panciotto di mio marito. ” E si son messi a guardare, sai, mentre l’han toccato nel punto buono, e quella borsetta ha dette : “Comanda.” Oh, l’ha toccata sul punto buono, e allora la “Comando che questa palazzina sia là in mezzo al mare con noi due dentro solo e che nessuno possa venirci a prendere” e la borsetta ha comandato. E Giuanin erano alla caccia, mentre il re ha visto un bel fagiano, ha detto: “Oh, Giuanin”. Giuanin, sai, come si è campato la mano lì, ohhh, sarà stato, à dì: “Ilo, papà, andiamo a casa, io son tradito, son tradito.” Sì che sapeva che la moglie e quel, e il re ha detto: “No andiamo a casa, andiamo a casa.” Sono arrivati a casa, la palazzina non c’era più e ha detto: “Papà, son tradito, vostra figlia mi ha tradito.” E il re dice che, ah, non sapeva cosa dirgli: “Mi dispiace, hai solo da stare qui con noi, come.” Ha detto “No, io voglio andare a cercarla, voglio andare a cercarla.”

Allora è partito, dice: “Ma come fare, adesso?” E’ andato da sua madrina e sua madrina ha detto: “Adesso sai che cosa devi fare? favi andare a cercare le tue sorelle; sai dove sono?” Ha detto: “Io lo so, però è lontano, ma mio papà diceva che erano là in un bosco che, ma tanto voglio andare a cercarle.” Ha detto: “Va’, va’ a cercarle, va’ a cercarle, son le tue sorelle, che sono ancora via, se possono ti aiutano, perché, sai, – ha detto- quella borsetta te l’aveva data uno di loro là.” Allora è partito: “Vado a cercare le mie sorelle.” Allora ha camminato tanto, camminato oggi doveva camminare, è arrivato là, è arrivato là, e ha detto: “Fatti conoscere subito, neh, dimmi chi sei.” Lui ha detto: “Sì, sì.” E’ arrivato là, sii è presentato subito un uomo, un mago la, come diciamo noi. “Che cosa vuoi tu?” ha detto. “Io sono tuo cognato.” OHHH, allora è stato lì. “Io sono tuo cognato – ha detto – c’è ancora mia sorella?” Ha detto: “C’è ancora tua sorella, sai non è che sia stato cattivo. ” “Beh, se è possibile, la voglio salutare.”

“Sì, ma a che scopo sei venuto?” Sai, prima di farlo salutare a sua sorella, e lei glielo ha detto, ha detto così e così.

“Io, mio papà, basta, la mia gente mi han detto, ha raccontato queste cose.” Ha detto: “Sono proprio io.” Allora ha salutato sua sorella, era vecchia già, mia cara gente. E lei gli ha detto: “Io ti posso aiutare se, vediamo, perché la borsetta non gliel’ho data io, gliel’ha data mio fratello a tuo papà, ma io comando tutti gli uccelli, se casomai qualcuno l’ha vista.” (‘Io non so, ma papà la raccontava bene. Allora si è preso un libro, un messale, (loro dicevano un messale e il messale è un libro che ha tanti fogli ” e faceva girare, gira foi, vulta foi, gira foi vulta foi, ohohoh, eh, ma papà. E i fogli facevano Uhohoh, ma papà la raccontava tanto bene, e noi gli occhi così, e mentre arrivavano degli uccelli, arrivavano gli uccelli, arrivavano gli uccelli c’era già piena la casa e lui sapeva che non, finché erano tutti, han girato, son  arrivati tutti gli uccelli, allora chiamava: “Non avete visto?” No, nessuno aveva visti quella casa. ” Oh – ha detto- ma adesso mio fratello, quello che ha donato, ha dato la borsetta a tuo papà, abita un po’ più lontano, là , ma – à dì- è un po’ terribile, un po’ – ha detto – fatti conoscere prima di andare da lui, fatti un cartello , un cartello, poi scrivigli sopra grosso ‘Sono tuo cognato’ e se lui ti fa poi segno di andare avanti, vai poi, altrimenti non andare, vieni poi di nuovo da me.” “Va bene” . Allora Giuanin si è fatto un grosso cartello con la scritta “Sono tuo cognato” , poi è andato là dove l’altro gli ha detto di andare: “Vai là”, ha chiamato, papà dice, lui dice che aveva sparato col fucile e l’altro è uscito, dice: “Che cosa c’e? Cosa volete?”. Allora questo ha dette: “Sono tuo cognato.”

Allora gli ha fatto segno di andare avanti. Allora Giuanin arriva là, gli fa segno di andare avanti e gli ha raccontato. Lui ha detto: “Sì, la borsetta l’avevo io e l’ho data a tuo papà, in cambio di tua sorella.” E l’altro gli ha contato tutta la faccenda e si adesso “ Io comando tutti i giari, i topi, perché gli uccelli nessuno aveva visto la casa. aspetta.” Allora questo qui si è preso un libro ancora più grande, un messale ancora più grande dell’altro e poi girava e girava e i fogli facevano uhuhuh e i topi che arrivavano, arrivavano di quei piccoli e dì quei grandi, ma ne erano già arrivati e lui guardava sul libro, à dì: “Manca ancora uno, ce ne manca ancora uno, aspettiamo. ” Faceva girare il libro: “Manca ancora uno, ce ne manca ancora uno, aspettiamo.” Faceva girare il libro. Mentre che aspettavano, loro dicevano tanti giorni, ma io non lo so che giorni, proprio tanti giorni, è arrivato un topolino, è arrivato un topolino, stanco sfinito. Gli ha detto: “Ma tu di do ve vieni?” E ha detto: “Ch, ma io ho fatto una vita a venire qua, io vengo da in mezzo al mare, dentro a una palazzina che ci sono suo marito e la moglie, nessuno non può andare.1

“Ahhh, come nessuno non può andare? ” A’ dì: “Nessuno ncn può andare perché quell’uomo ha una borsetta, ha una piccola borsetta e nessuno non la, se la mette sempre addosso, nessuno non la può prendere.”

Ha dì: “Ma tu non sai dov’è?” “Ma io so ohe alla notte, anche alla notte, se la tiene nella bocca, è una borsettina abbastanza piccola.” Lui non sapeva. Ha detto: “Non sai dove la mette?” “Non so. So solo che la notte la tiene nella bocca.”

“Ah -allora ha detto – non sei capace di andargliela a prendere?”

“Ah, ma sapessi com’è lontano, io sono tanto stanco.” E l’altro ha detto: “ E ma io ti mando tanti di questi grandi insieme, va’, ce n’è qualcuno di voi che vuole andare a accompagnare questo piccolo?”

“Sì, sì, – i topi quei grandi – sì, sì, noi lo portiamo, lo portiamo sulla schiena.” “Vedi che ti portano.” E quello ha detto: “Perché io sono tanto stanco.” Ehh, sì, a prenderla che non sapeva come fare. Ha detto: “E ben studiate.” E ha dette: “Fate rumore, così li fate parlare. “

E loro son camminati, e camminati finché son, arrivati, eh, il piccolo era dentro la. casa. Allora ha dette: “Scendiamo giù dal fornello, perché altrimenti.” Son saliti sopra il tetto, passati dal fornello e sono andati giù, e gli altri erano a letto, e i topi si capiscono nel suo dialetto, e facevano del rumore, sai, attaccato alle credenze e loro dice che chiedevano: “Ma cosa c’è stasera9 ” Rap, rap, giai, “Ma che cosa.” Allora il piccolino, quel piccolo ha detto: “Sai là in quel mobile hanno una topina, c’è una topina con della senevra, han della senevra forte, tu che hai un grossa coda, bagnala, bagnale ben la coda nella senevra, e poi adesso che dormono gliela passi sotto il naso e vediamo se.”

Allora loro si son fatti silenzio per un po’ i topi, loro si son messi , dormivano in santa pace mentre. E il topo grande va lì, ha passato ben la coda in quella senevra , poi è andato là, ssss, ha passato sotto il naso, e l’altro si è svegliato, lì, ha respirato quel , che l’ha fatto tossire, ha starnutato due volte, la seconda volta, sai, la borsetta e il piccolino era attento sette, il piccolino, ah , conosceva la borsetta, conosceva tutto, o gli ha saltato via la borsetta e loro hanno acceso subito la luce, sai, e cerca la borsetta e cerca la borsetta. E il topolino, quando 1′ ha presa, ha fatte “Ihhh”, gli ha dato segnale agli altri e allora son di nuovo passati dal fornello e i grandi l’han di nuovo portato.

Mentre arrivano là con la borsetta, il piccolino con la borsetta in bocca. Ah Giuanin è stato contento, eh, e anche l’altro, suo cognato, dice ???? Giuanin, quando l’ha presa, la borsetta dice : “Comanda”, sapeva dove toccarla. Chiel à dì: “Comando che quella palazzina sia di nuovo al suo posto là dov’era prima che arrivo io, nessuno possa aprirla.” E allora sembra là, sembra che la sua sorella lo voleva fare.

Il re si sveglia, al mattino si sveglia: la casa! “Oh – ha detto – Giuanin li ha trovati.” E volevano entrare, puoi immaginarsi, han chiamato il fabbro ferraio, niente, Giuanin ha dì: “Che nessuno non possa entrare finché arrivo io.”

E allora là suo cognato e sua sorella lo volevano far fermare, ha detto: “No, io son contento che mi avete aiutato, di avervi visti, e ma io vado perché -ha detto- quello lì non possono entrare.” Allora Giuanin li ha ringraziati, si son baciati, poi Giuanin si è incamminato con la sua borsetta perché, e il mago gli ha detto: “Guarda di non lasciartela più prendere.” Ha detto: “Ma cosa volete fare? Io me la tenevo che sempre con me, eppure quella mattina lì bisogna che abbia dimenticato il panciotto, io la custodivo lì dentro, e la mia moglie, la furbetta e quell’altro l’han presa e adesso.””

“Ebbene, se tu hai ancora bisogno di noi, siamo già vecchi, però.” Giuanin ha detto: “Io vi ringrazio, son contento di quello che avete fatto fino adesso, lo dico alla mamma, le ragazze vecchie ma che stanno bene.”

E allora Giuanin è arrivato, il re aveva già provato tutti, tutti, loro di dentro non potevano uscire, e quello lì non poteva. Allora Giuanin è andato dal re: “Ha visto papà?” “Ho visto Giuanin, tu sei proprio potente, ma, non si, quelle porte non si aprono mica.” “Oh, adesso le apriamo.” Allora lui ha toccato la borsetta , quando ha detto: “Io posso entrare.” Ahhh, loro eran già due giorni che erano là che tribolavano perché si son di nuovo visti lì. Ehhh, erano là rincattucciati, là rincantucciati e Giuanin ha detto: “No, non è così che si fa, eh, mi avete tradito e adesso.”

Il re ha detto: “Fa’ pure quello che vuoi della mia figlia, perché, eh, se lo merita perché.” Li hanno sparati poi, e quelli sono spariti in mezzo al mare, non è stato neanche più un’orecchia. Dicevano non è, il più grosso pezzo non e stato più un’orecchia, più niente. C’è solo più stato Giuanin, con la sua casa, la sua borsetta, hai visto?

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