GLI ACCIUGAI

Gli abitanti della Borgata Ghio e le loro attività
La borgata era abitata fino agli anni ’30 del secolo scorso da circa 200 persone.
Erano famiglie di contadini che, nella totalità (o nella grande maggioranza) conducevano attività di coltivazione a pascolo dei propri terreni o di coltivazione di cereali montani quali segale, grano saraceno e poco grano, allevavano un piccolo numero di mucche (3-8) destinate sia alla produzione del latte (e alla conseguente caseificazione di burro, ricotta e qualche forma di formaggio), che alla riproduzione di vitelli che venivano venduti a pochi mesi per essere poi destinati all’ingrasso e alla successiva macellazione.
Gli uomini si dedicavano al lavoro agricolo nel periodo febbraio-agosto. A partire dal 16 agosto scendevano in pianura per vendere acciughe.

La popolazione stabile, intorno al 1970 era ancora di circa 13 persone, alcuni uomini rimasti scapoli, e 4 nuclei famigliari dediti all’agricoltura e all’allevamento, i cui capifamiglia non scendevano più in pianura a fare gli acciugai.

Gli scapoli erano:
Costanzo (Custàn), muratore, suonatore di fisarmonica a bottoni.
Chiapello Giovanni, Gian, ex acciugaio a Nizza Monferrato
Chiapello Lìn, fratello di Gian, tornato dalla guerra scosso, viveva una vita isolata.

Le famiglie erano:
Pomero Giovanni (Gianìn Pritulìn) con la moglie Marieta e le figlie Anna, Margherita, Giovanna e Severina
Ghio Antonio (Toni d’Engerp) con la moglie Mariulin e i figli Aldo e Anna
Rovera Antonio, con la mamma Tin de Giàn, il fratello Spirito (Prìt), la moglie Antonia (Tonia), i figli Anna, Sergio (detto Giovanni), Vincenzo, Graziella.
Chiapello Sprito (Prit) con la moglie Margherita e i figli Romano e Piero.

Le altre famiglie si erano tutte trasferite ed esercitavano il mestiere di acciugaio non più girando per i paesi con il carretto, ma con il loro banco di vendita presso i diversi mercati cittadini.

Ricordiamo alcuni acciugai originari di Ghio e il loro mercato di riferimento
– Beltramo Giuseppe: mercato di Cuneo
– Chiappello Giacomo con la moglie Bottonasco Maria Teresa: mercato di Nizza Monferrato
– Rovera Giovanni (Gianèt Gian Prìt de Magn) (classe 1907), con la moglie Rovera Maria e con i figli Giovanni Piero, Aldo e Annamaria: mercato di Porta Palazzo, Torino.
– Rovera Giuseppe (Pinìn) (classe 1915) con la moglie Magliano Pierina: mercato di Alba.
– Rovera Magno con la moglie Rovera Anna (Nina), il fratello Antonio (Toni), il figlio Sergio e, successivamente, la moglie di Sergio, Rostan Maddalena: mercati di Bra e di Alba.
– Ciafrulin: mercato di Dronero.

Alcuni affrontarono anche l’avventura di trasformarsi in venditori all’ingrosso e, addirittura in produttori di acciughe salate in diretta collaborazione con i laboratori spagnoli.
Tra questi ricordiamo Rovera Giuseppe con il fratello Natalino (Talìn): magazzino all’ingrosso presso i Docks di Torino e, per alcuni anni, con l’aiuto del figlio Giorgio, produttori di acciughe salate marca “Ghio” presso i laboratori di Jesus Recalde, a Bilbao.

Gli acciugai
Erano dotati di un carretto in legno che veniva costruito nella frazione Tetti di Dronero.
Comperavano le acciughe in Spagna o in Sicilia, spesso facevano acquisti collettivi (sono stati ritrovati nella borgata dei documenti che lo testimoniano) e facevano arrivare il pesce a Genova dove qualcuno di loro si recava a ritirarlo, verificarne la corrispondenza in qualità e quantità e a indirizzare i diversi lotti prenotati verso i singoli recapiti.
Ogni acciugaio aveva infatti, nel territorio in cui vendeva, almeno un magazzino che fungeva da deposito della merce.
Così come le acciughe arrivavano da Sicilia e Spagna, il merluzzo e le aringhe arrivavano dalla Norvegia e le sardine dal Portogallo.

I figli degli acciugai
I figli degli acciugai erano sempre, fin da bambini, chiamati a collaborare all’attività dei genitori, nella preparazione dei prodotti destinati alla vendita o anche, appena in grado di farlo, all’attività stessa di vendita. Questo è accaduto fino agli anni ’70.
Poi alcuni dei figli degli acciugai, avendo la possibilità di studiare e di intraprendere attività meno faticose, hanno di fatto interrotto la tradizione di questo mestiere. Alcuni hanno proseguito il lavoro dei padri, raggiungendo ottimi risultati economici, altri hanno tentato di aprire fabbriche di lavorazione in Spagna o di allargare notevolmente le collaborazioni in tutta Europa, ma i risultati non sono stati duraturi.

INTERVISTA AD Anna Rovera

 D. E allora dicevano di contare gli scudi?

 R. Cunté, o i bie scu, i bie scu e poi si fermavano e li contavano, bie scu, guadagnato quei scudi.

 D. Li avevano guadagnato a far cosa?

 R. Erano andati a lavorare.

 D. A vendere le acciughe?

 R. Eh.

 D. Tuo papà dove le comprava le acciughe?

 R. A Genova, una volta andavano a Genova a comprare le acciughe.

 D. Andava lui?

 R. Sì, sì, mio papà andava sempre a Genova, partivano mio papà, barba Culin, non è come adesso che passano i rappresentanti, andavano a comprarle proprio a Genova.

 D. E quante ne compravano?

 R. Eh, quelli che avevano anche tanti soldi, ne compravano di più; quelli che avevano anche pochi soldi.

 D. Ma poi non le portavano a Co’ de Ghiu le acciughe?

 R. Oh, no, ne portavano una scatola da due chili, papà ne portava sempre una scatola   da due chili, perché per mangiare così.

 D. Ma c’erano già le scatole? Non c’erano i barili?

 R. E ne portava.

 D. C’era già le scatole?

 R. Sì, sì, le scatole da due chili c’erano, sì.

 D. Ma lui comprava i barili?

 R. E da due chili, poi c’era i barili, i baril d’anciue.

 D. E quanti ne vendeva in una stagione?

 R. Oh, ne vendevano, sai.

 D. E come facevano da Genova a portarli su?

 R. Ah, li mandava il ferroviere, con la ferrovia, magari si mettevano due o tre insieme, io non se, eh, già, facevano il vagone, oh, loro andavano a comprarle, ma a portarle, portarle, e poi a casa ce le portavano arrivavano alla stazione, lì alla stazione ce ne veniva uno a portarcele a casa.

 D. Ma non, volevo chiederti una cosa, non andavano mai in Spagna?

 R. Eh?

 D. In Spagna?

 R. No, in Spagna ci han provato andare e tuo papà, lo zio Talin ci han provato an­dare in Spagna, oh, già.

 D. Ma che tu ti ricordi, tuo nonno vendeva già le acciughe?

 R. Ma mio nonno, io mi ricordo solo del nonno del papà della mamma, l’altro nonno Roccia non mi ricordo.

 D. Non ti ricordi.

 R. No, neanche la nonna.

 D. Il papà di tua mamma vendeva già le acciughe?

 R. Si, vendeva le, ma le ha vendute solo più qualche anno, poi venivano vecchi, eh.

 D. Eh, però da quel che ti diceva tuo papà, tuo nonno Giors vendeva già le acciughe?

 R. Sì.

 D. E il papà di Giors?

 R. E certo, vendeva anche le acciughe, sì, sì.

 D. Ma si mettevano in società gli acciugai di Codighiu oppure ognuno comprava per conto suo?

 R. Ma facevano, facevano anche un po’ di società, facevano un po’ di tutto.

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