Mario del Puy

Da Montegrosso a Nizza, da Calliano a Portacomaro, da Agliano a Montemagno, con una puntata a Bergamasco, nell´Alessandrino. Qui installa il suo banco minimale – le acciughe, qualche filetto di baccalà sotto sale, scatole di tonno – e incontra una clientela di habitués, che da una vita si serve da lui, l´acciugaio per antonomasia. Ha cominciato nel ‘34, poco più che un bambino, a dare una mano al nonno Giovanni Battista, «l´acciugaio di Costigliole». Lui ci arrivava in bicicletta: «Alle 6 e mezzo dovevamo essere pronti perché c´era l´uscita dalla messa prima e si cominciava a vendere. Certo, quelli erano tempi diversi, in un giorno si poteva vuotare un intero barile da 80 chili; pensi che mio nonno comprava la cartapaglia gialla a quintali». Da allora Mario non ha più smesso. Il diploma da ragioniere conseguito nel ‘47 è finito in un cassetto e lui ha assecondato quello che, da sempre, considera un destino, con il tempo diventato una vocazione, vissuta adesso anche come una testimonianza. Quanto ai diplomi, preferisce di gran lunga, e lo mostra orgoglioso, quello che gli ha assegnato il Comune di Dronero nel giugno del 2008, per i meriti acquisiti con la fondazione, nel 1978, dell´Avalma, l´associazione degli acciugai della Val Maira, di cui continua a essere animatore e presidente. La famiglia Del Puy è originaria di Paglieres, frazione di San Damiano Macra, dove anche Mario è nato. Dopo il nonno Giovanni Battista, è la volta di Giovanni, il padre, che sul finire degli anni Venti acquista ad Asti un grosso fabbricato, da utilizzare anche come magazzino. Siamo nel cuore del ghetto ebraico, a due passi dalla sinagoga, e qui Anna, la moglie, terrà bottega fino all´inizio degli anni Settanta. Nel frattempo i Del Puy hanno aperto uno stabilimento per la salagione in Spagna, nei pressi di Santander, che lo stesso Mario frequenta nei mesi di aprile e maggio. Qui impara a descabezar, cioè togliere la testa e gli intestini alle acciughe («altrimenti prendono un gusto amaro») prima di disporle a strati nelle latte alternate al sale, e perfeziona le sue conoscenze del mare e dei pesci. Ormai sa tutto di acciughe, merluzzo, bianchetti, tonno: quasi un biologo marino di montagna. Adesso i tempi sono cambiati. Le acciughe spagnole – le più grandi, le più grasse (“alla carne”), le più apprezzate dagli intenditori – sono quasi introvabili. Il mare Cantabrico, troppo a lungo sfruttato, è diventato avaro e oggi la pesca vi è rigorosamente regolamentata, con gran danno dei pescatori baschi, dominatori di quei mari. Allora si ricorre a prodotti siciliani o greci, «comunque di buona qualità», ma a volte persino del Centro e Sud America (Honduras, Cile, Argentina): «Mettendo in vasetti o in marinata – ricorda Del Puy – acciughe che una volta erano buone al massimo come mangime animale». Il merluzzo (da cui si ricavano baccalà e stoccafisso) non se la passa meglio, dopo decenni di pesca sconsiderata. Con il risultato che quelli che un tempo erano alimenti popolari e a buon prezzo, hanno ora costi da merce di lusso. Questo racconta Del Puy a fine giornata, quando si ferma al solito bar di Asti per un´ultima birra e non è difficile innescare i suoi ricordi, narrati in una sorta di talkin´blues frammentario e appassionato. Racconta la cacciata degli ebrei sefarditi dalla Spagna dopo la Reconquista, nel 1492, per opera dei “cattolicissimi” sovrani Isabella I di Castiglia e Ferdinando II di Aragona, su ispirazione dell´inquisitore Torquemada; la loro dispersione in tutto il bacino del Mediterraneo e nelle vallate alpine franco-italiane, da cui le origini montane della sua famiglia (come attesta il cognome: Puy in francese significa “luogo elevato”); di quando, anticamente, i commercianti noleggiavano un veliero che poi arrivava a Savona carico di barili di acciughe; i tempi eroici degli anciuè, conquistadores con caruss e stadera; l´orgoglio della cultura e della lingua occitana, che lui parla correntemente, come lo spagnolo. A una cosa, ancora oggi, Mario non ci rinuncerebbe per niente al mondo: una giornata a Dronero con gli amici acciugai, segno di un attaccamento alla sua terra e al mestiere della sua vita.

Carlo Petrini

da Repubblica Torino del 25 maggio 2009

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