La scuola

I bambini andavano a scuola a Santa Margherita. Per loro, abituati ad arrampicare in montagna come cerbiatti, il percorso si faceva in 20 minuti circa, con gli zoccoli ai piedi. Nella stagione invernale dovevano portare la legna per riscaldare l’aula. Abbiamo raccolto la testimonianza di un anziano che raccontava di arrivare fino all’ultima borgata prima di Santa Margherita e poi di rubare lì qualche pezzo di legna, per evitare la fatica di portarla fin da Ghio.
Anche nelle registrazioni di Anna Rovera c’è una parte interessante sulla scuola: lei ricorda che si portavano un pezzo di pane da mangiare e che spesso era così duro che lo si poteva solo succhiare.I più frequentavano solo fino alla terza elementare. Per chi arrivava alla quinta, i programmi erano già importanti e impegnativi.In tempo di guerra, per qualche tempo, i bambini frequentarono la scuola che fu temporaneamente aperta in una casa di Ghio.
Gli esami di licenza si sostenevano a Ruata Prato.

Testimone: Anna Rovera nata a Dronero il 27/02/1909, morta a Bra nel maggio del 2002
Intervistatrice: Elena Rovera
Luogo e data della registrazione: Bra, 20 marzo 1996

Testimone: La nostra maestra, dico la nostra perché io a scuola sono andata sempre da quella maestra lì, si chiamava Serafina Guaita.
Intervistatrice: Da dove veniva?
Testimone: Da Perugia, ci avevo una Perugina, e la scuola l’ho fatta tutta da quella maestra lì.
Intervistatrice: E dove abitava la maestra?
Testimone: La maestra lì alla Fridìa, aveva una bella camera.
Intervistatrice: Sopra la scuola? Insieme alla scuola?
Testimone: No, no, la scuola è sola, la scuola c’era solo l’aula, la scuola, la maestra abitava in una casa della gente, quella gente avevano fatto aggiustare la casa, si chiamava Pietra Porto, là da Porto, un po’ più giù, e la maestra, e la maestra, e suo marito era anche alla guerra, io l’ho visto, è venuto, la maestra aveva due figli, il maschio si chiamava Rico , e la figlia Nuccia, Rico e Nuccia, si chiamavano Prote, e la maestra li chiamava, quando faceva l’appello, Prote Enrico e Prote Nuccia, e invece lei, il suo nome, si chiamava Serafina Guaita, poi era venuto suo marito, era un militare.
Noi, quando sono andata a casa, l’ho detto a mamma, dice: “C’era, c’era venuto un soldato là, un soldato era venuto anche nella scuola”.
Intervistatrice: Era brava o severa?
Testimone: Sì, era brava , penso che stava, sai le maestre, quelle che son da sposare, poi vanno via d’estate, eh, quella stava estate e inverno, sempre, sempre là con noi, eh, una bella donna, alta, oh, io mi ricordo nei primi giorni che sono andata a scuola, i primi giorni che sono andata a scuola , io volevo andare a scuola, per­ché Marianìn, Marianìn andava a scuola, Marianìn stava con noi, e la mamma l’ha allevata perché sua mamma era morta, lei era piccola.

E Marianìn andava a scuola, e io volevo andare a scuola, e allora la mamma ha detto: “La maestra non ti vuole’. Io avevo solo cinque anni , Marianìn ne aveva otto, andava a scuola, e poi la mamma gli aveva chiesto alla maestra, la maestra domenica veniva a messa, e siamo usciti lì sul piazzale, e allora sai le donne salutavano la maestra, e la mamma gli ha detto: “E questa qui vuole venire anche a scuola.” “E quanti anni ha?”
“Cinque”. E la maestra dice: “Eh, cinque anni, non la posso prendere, perché…,ma”
La mamma gli ha detto: “Eh , ma Marianìn viene, e questa vuole venire.” “Eh, vuol venire? E ben , la lasci venire, la lasci venire con Marianìn.”
Allora sono andata a scuola, gli altri erano tutti più alti, perché la scuola, sai, e la maestra mi fa, mamma mia! ma poi mi ridevano tutti dietro, la maestra, mi dice:
“Ne hai anche dei fratelli e delle sorelle?” “Sì, sì” “Ah! E sai come si chiamano”
Ho detto : “Sì”. “Sai come si chiamano?”
Allora ho cominciato subito da quei di Parsé: “Mia sorella Tinòt di Parsé, mia sorella Marianìn”
Oh, gli altri si mettevano a ridere, si mettevano a ridere!
“La prima, mia sorella Tinòt di Parsé, mia sorella Marianìn, mio fratello Giacu di Parsé, mio fratello Pinòt di Parsé”, ho detto tutti quei di Parsé prima di dire i nostri.

Intervistatrice: Che erano i tuoi zii, giusto?

Testimone: Sì, sembrava che si rideva di sotto e mi guardava, e perché, e la maestra à dì:

“Ma cosa avete da ridere? Lasciatela parlare”.
“Sì, sì”, e poi ho detto tutti quei di Parsé, e poi sono venuta a mia sorella Mariulìn, mio fratello Giorgio, Pinìn non c’era ancora e allora ho detto tutto così; gli altri, quando sono uscita, siamo usciti fuori della scuola, oh, gli altri: “Che cosa hai detto? Ma che cosa? Ridevano, bambini dicevano: “E’ tua questa qui, è tua sorella Marianìn?”
Dicevo “Ah, mia sorella Marianìn”, piangevo, eh, mi ricordo, oh, ma gli altri, gli altri sapevano, erano alti, e io sono andata a casa ho detto: “Lo dico a mamma, adesso vado a casa, e lo dico a mamma”.
Oh Marianìn me lo diceva sempre, ma dico: “Mia mamma non me lo aveva mai detto, ” io sì che sapevo che Marianìn non era mia sorella, che era la sorella di mia mamma.
Ohhh, quei ragazzi di Muscere “Che cosa ha detto alla maestra!”.
Ho cominciato da Tinòt, ma io dicevo eh, “Mia sorella Tinòt de Parsé”.

Intervistatrice: E a scuola, portavi il quaderno?

Testimone: A scuola avevamo una borsetta di patta, noi dicevamo, di stoffa e la mamma ci faceva una borsetta di stoffa e lì dentro mettevamo il quaderno, la penna, e poi loro, man mano che andavano a scuola, comperavano, prima avevano il sillabario, poi il libro di prima, il libro di seconda, il libro di terza, fino lì, basta, si faceva solo la terza.

Intervistatrice: Tu hai fatto fino a terza?
Testimone: E be, sì.
Intervistatrice: Però se sei andata a scuola da piccola hai fatto un anno in più.
Testimone: Ma non è che sono andata, sono andata quella volta, ma lì andavo solo qualche volta, l’anno prima, l’anno dopo che avevo poi sei anni.
Intervistatrice: E poi hai fatto l’esame in terza?
Testimone: Sì.
Intervistatrice: Dove sei andata?
Testimone: Sono andata al Vallone a fare l’esame di terza, alla borgata Roero, si chiama.
Intervistatrice: E veniva un maestro?
Testimone: Là al Valùn c’era una maestra, c’era la maestra e ben son venuti su quei della Ruà, e quelli del Vallone e noi della Margherita siamo andati nella scuola del Valùn, lì nella scuola del Valùn, la nostra scuola era veramente una scuola, invece loro era anche una camera, non era, poi era la scuola perché la gente così l’aveva affittata, l’aveva affittata al municipio, oh, già.
Intervistatrice: Cosa ti han fatto fare all’esame?
Testimone: All’esame sono stata, brava, la maestra era contenta, era contenta di me quando andavo a scuola, e la maestra mi ha detto, ah, mi ha messo vicino , tu non la conosci, Tìn d’Alessandria, quella si è fatta maestra, quella ragazzina era di Muscere, e veniva su con me, era del tempo mio, e la maestra mi ha detto, sua mamma mi aveva detto: “Io sarei contenta che prendesse, che stesse promossa, che poi la vogliamo far studiare”.
Sai prendendo l’esame di terza, l’anno dopo poteva fare quarta, ma lassù no, a Dronero, e là a Dronero aveva sua nonna quella ragazza, à dì: “E la manderei poi a Dronero con mia mamma”, che era poi la nonna, e così non perdeva l’anno: difatti si è fatta maestra.
Allora ha detto: “Anna ti metto Margherita ” perché Margherita si chiamava “ti metto Margherita vicino, ma non fare, lasciala vedere”. O Tìn me l’ha sempre dì, me lo dice ancora adesso se la trovo: “Ti ricordi, Nina, che mi ha messo vicino a te?”.
“E tu lasciala vedere”.
“Va bene.” E allora ci avevano dato a fare un tema, adesso non ricordo, scriveva, l’altra guardava, e mi ricordo che avevo solo sbagliato una virgola, non l’avevo messa, così avevo , forse ho preso nove e mezzo, nove più, altrimenti prendevo dieci e c’era la maestra, c’era un professore, la maestra nostra, sai, faceva un giro, così su e giù dalla scuola e ci dava un’occhiata senza farsi vedere, e mi ricordo sempre che è passata lì, allora ha visto che io non avevo messo quella virgola, mi ha fatto un cenno e mi ha detto: “Lì ce n’è uno”, voleva dire che lì c’era un errore, e io leggi che rileggi, ho capito che la maestra mi ha detto quello, e rileggo e rileggo, io l’errore non lo trovavo, ah, perché mancava solo, oh, non era stato un errore, mancava quell’accento e l’altra ha fatto uguale a me, allora Margherita.

Intervistatrice: Hai sbagliato quell’accento.
Testimone:   Mancava solo quell’accento.
Intervistatrice: E poi ti hanno fatto fare il problema?
Testimone: Sì, abbiamo fatto anche il problema, il problema giusto, no no, ho sbagliato solo quell’accento, tutto è andato, tutto bene.
Intervistatrice: E poi ti hanno interrogata anche?
Testimone: Sì, sì, ci hanno anche interrogati, sì, sì, oh, mi ricordo ancora persino la testa di quel professore, noi vedevano solo sempre la nostra maestra, invece là c’era la nostra maestra, poi c’era la maestra del Vallone, poi c’era quel signore.
Intervistatrice: Sarà stato il direttore?
Testimone: E io mi ricordo che quando siamo usciti, ma pensare che anche Tìn, quella, ha fatto bene, ma ha sbagliato l’interrogazione, si è sbagliata all’interrogazione, ma mi sembra che mi ero sbagliata anch’io all’interrogazione, perché ho detto anche un nome per un altro, perché ricordo che la maestra, la nostra maestra, ha detto: “Oh, pensare che a scuola”, come dire: “Ha sbagliato quello lì, ma pensare che a scuola, interrogata, andavo bene, ma difatti sono andata bene, ho preso nove e mezzo invece di dieci, nove e mezzo.
Intervistatrice: E poi tu volevi continuare a studiare?
Testimone: Oh, io volevo studiare, io avrei voluto studiare, eh, ma, mi piaceva studiare a me, mi ricordo che l’avevo detto a mamma, la mamma diceva: “Ma noi non”, gli ho detto: “Ma ben Tìn studiai”
Ha detto: “Ma Tìn è un’altra faccenda, Tìn a Dronero ha sua nonna”, che sarebbe stata la mamma della mamma, “ha sua nonna che ha due camere, che abita a Dronero, e sta lì con la nonna, ma noi non possiamo, sai, dobbiamo mandarti a, come si dice, in collegio e difatti Tìn, quella, è stata e ha fatto fino a sesta lì, sai come si fa, due o tre anni dalla nonna, poi è andata in collegio a Cuneo, poi è diventata maestra.
Intervistatrice: Ma tu non volevi andare a Dogliani?
Testimone: Io dicevo: “Io mi faccio dare i soldi da barba Culìn, e poi gli do, gli do, quando prendo i miei soldi a la scuola glieli do”; oh, barba Culìn se la rideva, loro venivano sempre l’estate.
Intervistatrice: Perché barba Culìn stava a Dogliani, vero?
Testimone: A Dogliani.
Intervistatrice: Era tuo padrino?
Testimone: No, era il padrino di Maria, della mia sorella, no, io la mia madrina, era lassù a Codighiu.
Intervistatrice: E lui non te l’ha detto di andare là da lui?
Testimone: E quando sua mamma glielo aveva detto, barba Culìn se la rideva
“E poi i soldi io dove li trovo?”.
Ero timida, non mi osavo di parlare neanche con barba Culìn, quando venivano, eravamo troppo timidi noi, e la zia ce lo diceva, perché, la sposa di barba Culìn, stava a Dogliani, perché l’aveva presa lì a Dogliani quella e diceva anche: “Ma tu sei servàia?”
Eravamo selvatiche noialtre di là, a differenza degli altri bambini , non si osavamo; eh, ha detto quello.

Intervistarice: E poi finito la terza elementare cosa hai fatto?
Testimone: Qua a scuola ho finito, non facevo più niente.
Intervistatrice: E cosa facevi, lavoravi?
Testimone: Ah poi andavo a lavorare nei campi e nei prati, abbiamo lavorato, io e mia sorella Maria, e poi ancora Giorgio, nostro fratello che è morto militare, e tuo papà, e abbiamo lavorato, sai, gli altri erano ancora piccoli. Poi già Rita poverina, con quella gamba e gli altri piccoli, Talìn e Piera, il papà ci aveva portato poi ad Alba, perché anche Rita andava a scuola lassù, ma con quella gamba per mandarla a scuola, mandare a scuola Rita e zio Talìn sono andati a scuola perché erano a Alba.

Intervistatrice: In che anno siete venuti a Alba?

Testimone: Oh , adesso sono passati tanti anni
Intervistatrice : Tu quanti anni avevi più o meno?
Testimone: Oh, io ne avevo degli anni, ne avrò avuti venti, ma poi a primavera, no siamo ancora stati l’inverno, io e Maria, io e Maria siamo ancora stati 1’inverno lassù con le mucche, era venuta solo la mamma con i ragazzi piccoli per andare a scuola e la mamma ci aveva raccomandati a mia madrina, sai, e poi anche a noi ci aveva detto: “Voi – diceva- fate qui, fate là, se avete bisogno di qualcosa andate da madrina’.
Intervistarice: E lei era venuta giù poi dopo all’estate , cioè quand’è che, lei è venuta giù col nonno? E’ venuta giù ad Alba?

Testimone: è venuta giù col nonno per mandare i bambini a scuola, perché, oh, già, e invece noialtri quattro abbiamo solo fatto la scuola lassù a Codighiu.
Intervistatrice: Ma come mai si son decisi di mandare i bambini a scuola? Perché potevano anche non mandarli, come mai?
Testimone: E Margherita con quella gamba a Codighiu, andare a scuola là!
Intervistatrice: Capito. Quindi l’hanno fatto per zia Rita, e poi di già hanno mandato anche gli altri.
Testimone: E zia Piera sarebbe già nata, nata laggiù neh, ma l’abitudine mia mamma ci ha comprati tutti da sua madrina, è andata a comprare lassù a Codighiu da madrina e là, altrimenti Piera sarebbe nata ad Alba.

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