Natalino Rovera

Nato a Dronero il 23/12/1920, emigra ad Alba con la famiglia all’età di 8 anni. Viene iscritto alle scuole elementari, ma non sa parlare l’italiano, si esprime solo in occitano. Avrebbe dovuto frequentare la terza, ma viene inserito in una prima, per dargli modo di recuperare l’inadeguatezza linguistica.
Nel giro di tre mesi, l’insegnante, sorpresa dalla capacità di apprendimento e dai progressi, lo reinserisci nella sezione con i compagni della sua età.

Consegue il diploma magistrale e si iscrive all’università, facoltà di lettere.
Raccontava che durante il colloquio orale per il Concorso da insegnante, il professore di latino gli chiese di scegliere l’autore in cui si sentiva più preparato, Cicerone, Catullo o altri. Natalino Rovera sorprese la Commissione d’esame dicendo che per lui non era importante, era preparato su qualsiasi autore e su qualsiasi opera.

Il suo titolo di studio, dottore, lo distingueva tra gli altri abitanti della borgata e, va detto, gli fu anche di aiuto nell’ottenere un sì dalla più bella ragazza della montagna, Pina Garnerone di Assarti.

Il titolo di studio non gli impedì, tuttavia, di operare una scelta lavorativa in linea con la tradizione di famiglia, perchè lo stipendio come insegnante era insoddisfacente.
Chiese così al fratello Pinìn di entrare con lui in società e di occuparsi del magazzino all’ingrosso che avevano affittato presso i Doks di Torino. Questa collaborazione durò per circa 20 anni.
Insieme ai due fratelli, l’azienda fu condotta da Rita, Margherita, la sorella più giovane, nubile e resa invalida fin da bambina dalla poliomielite.

Sempre con il fratello Pinìn intraprese per qualche anno l’attività di produzione diretta delle acciughe salate, appoggiandosi al lavoratorio di Jesus Recalde a Bermeo (Spagna).
Produssero una marca di acciughe che chiamaroro Ghio, in onore della loro borgata.

Natalino Rovera era anche l’interlocutore preferito da Don Chiotti, durante i pranzi in occasione della Festa della Madonna. Don Chiotti teneva a sfoggiare la sua erudizione e così, spesso, a tavola, i due parlavano di Dante o di Manzoni, mentre gli altri ascoltavano con deferenza.

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