Domanda: Ricordi che mia madrina raccontava di quella grotta, dove lei andava al pascolo con i suoi amici?
Il pascolo, le nostre mucche potevano andare soltanto tra il Baciaset e il Fiandìn, quella zona lì, perché era l’unico posto dove c’era erba bella, dove si potevano portare. Oppure, al Prà dal Bial, i due nostri Prà dal Bial andavano bene anche per portare le mucche al pascolo.
Toni le portava anche lui lì, un po’ sotto il Fiandin, dove c’era la Sorgente, dove loro avevano due o tre pini alti, che erano pini naturali però, non piantati. Sergio aveva questi due o tre, erano proprio bellissimi. E lì tagliavano l’erba. Io mi ricordo che facevano le trusse, andavamo giù, noi seduti sopra le trusse, e Toni che tirava. E noi avevamo… io avevo avuto 4-5 anni. E quindi posti dove si portavano le mucche al pascolo, perché dalla Cappella verso la Margherita non ci sono pascoli. Salendo verso Codisart, sì, qualche pezzo c’è di pascolo, però soprattutto la parte lì verso Codisart, sopra il Baciaset, lì mettevano le patate.
Domanda: Chi le metteva?
Secondo me le patate, mamma le comprava sempre da Marietta. Sempre, se ne facevano preparare un po’… la mamma di Margherita e Giovannina. Loro le mettevano, anche gli uomini mettevano le patate.
Per esempio, Gian e Custan le mettevano per mangiare loro, soprattutto.
Secondo me, dove c’era l’altezza della barma del Sarvanot, tra il Bacciasset e il Fiandin, quella zona lì era la zona più da pascolo e se lei portava le mucche al pascolo, le portava lì. Non le portava altrove, le mucche al pascolo.
Domanda: Di là dal Bial, in Seliera?
Però era lontano per portare le mucche al pascolo. Di là, anche lì, ci sono soprattutto dei posti dove l’erba veniva tagliata. L’erba veniva tagliata sull’Ansèina perché era comodo tagliarla, ce n’era tanta e poi la facevano scendere giù dai Pra Suèli e arrivava al sentiero per il Mestre. Per il Mestre, sì. E non poteva essere in quella zona lì? Che lei andasse? Perché lei, più che portare le mucche al pascolo… Perché lì è lontano per portare le mucche al Pascolo? Avendo due mucche, se tu avessi dieci mucche è diverso, ma avendo due mucche e avendo bisogno di un po’ di erba, le porti intorno a casa. Però, io non so per cosa, io mi ricordo che me l’hai raccontato tu, che lei andava e c’era una grotta e i suoi amici, gli altri bambini, ragazzi per scherzo, entravano e lei non voleva entrare perché aveva paura della donna che mungeva, che c’era dipinta una donna che mungeva.
Tu hai già fatto le foto di alcune grotte? Sì. Oltre alla barma del Sarvanot? Il Sarvanot e quella del Barsulìn. Quella del Barsulìn? Nel Barsulìn, per esempio, non porti le mucche al pascolo, lì è ripido, è brutto, pietra. Quindi, se era il riferimento dal punto di vista della dislocazione che portava le mucche al pascolo, allora non ci può essere… Il terreno da pascolo c’era quello lì. Poi, se devo dire, anche dopo, quando già era sposata, che loro continuavano, loro ne avevano due mucche e un vitello sempre. Toni li teneva sempre. E quindi, anche dopo, quando lei si è sposata, ha continuato a portare le mucche al pascolo perché poi sono stati su fino alla fine della guerra. Sergio è andato a scuola ancora da Margherita. Quindi, poteva essere che portava le mucche al pascolo quando era ragazza o che portava le mucche al pascolo anche dopo quando era sposata. E lì, Zio Magno, di terreni ne aveva parecchi. Lì c’era la Gavia, c’era… Quali altri terreni c’erano?
Domanda: come mai la famiglia di Zio Magno aveva tanto? E da dove arrivavano? Erano di Codighiu o erano della Margherita?
Secondo me erano di Codighiu perché avevano le case belle. E avevano due o tre case. Avevano parecchio loro. Poi Zio Magno ci teneva da matti guai. Gli toccavi… Già gli era sanguinato il cuore che aveva rinunciato al suo orto per consentire il parcheggio di una macchina. Ma se la macchina era sua andava bene. Se la macchina erano degli altri… Mugugnava con tutti. Anche con papà, con Zio Talin. Lui mugugnava con tutti. E lì quella parte poi… Quella parte… L’ultima curva dove sono stati poi piantati tanti di quei pini bruttissimi quella parte lì era di quelli di Nizza, mi pare.
Domanda: di Zio Magno e Toni che cosa sai della loro storia? Sai delle cose in più? Non mi dicevi che sono andati a fare i minatori?
Questo sì, perché Zio Magno è stato lui che ha fatto la mina quando si è dovuto allargare la strada che non si girava sopra il sopra il Puntèt. Sopra il Puntèt, sopra la curva, sopra il Puntèt. E lo dicevano: lui e Toni sapevano conoscere dove infilare la punta del martello perché lì si era fatto tutto a mano naturalmente scalpello e martello. Allora gli scalpelli loro ti davano il punto dove battere e noi ci alternavamo, soprattutto quelli che erano già un po’ più grandi. Io non ero ancora tanto grande perché avevo 12 o 13 anni. Poi invece Giampiero di Gianet, Aldo, gli stessi uomini, Gian, Custan.
Custan obbediva meno volentieri, ma Zio Magno si faceva obbedire. E loro avevano imparato questo è un discorso che mi ricordo che si facevano lì.
Domanda: Avevano imparato in Francia?
Avevano imparato in Francia perchè da giovani andavano in Francia. Prima dell’emigrazione, ci andavano a lavorare. Ci andavano a lavorare e facevano più lavori; soprattutto facevano i mandriani cioè si occupavano delle bestie. E poi facevano anche altri lavori. Questo del fare i minatori non so che cosa servisse …a fare delle strade anche. All’occasione probabilmente accettavano dei ruoli diversi.
Domanda: che cosa ti ricordi ad esempio di Lin?
Pochissimo mi ricordo di Lin, secondo me era segretamente innamorato della mamma. Sì, secondo me gli piaceva morire. Perché lei non lo trattava male, tra l’altro, nel senso di prendere in giro come facevano gli altri uomini. Lo prendevano in giro perché non si era sposato, perché non era proprio un uomo. Dicevano… io non so, ero troppo piccolo per capire, ma ho queste impressioni. Invece lui a me è sempre sembrato anche una persona buona. Però… non so, ho l’impressione che qualche volta la mamma gli desse anche da mangiare.
E lui era tornato dalla guerra. È la guerra che l’ha frastornato, la seconda guerra mondiale? Lui era quello del milione e del milione. Anche lì lo prendevano in giro. ‘Lin, t’arcordess la guero’? E quando erano un po’ bevuti, alla sera… Era più vecchio di papà, ma non tanto. Era fratello di Gian ed erano cugini di Custan.
E loro erano acciugai a Nizza Monferrato, in quella zona lì, nell’Alessandrino.
Sì. E poi sono andati in guerra. Eh, sono andati in guerra, sono partiti nel 39, nel 40, appena è scoppiata la guerra. Sì. Sono partiti. Sono partiti e lui è tornato non più… Qualcosa è capitato, qualcosa. E lui viveva da solo, non aveva neanche una brutta casa. Noi non ci entravamo in casa di Gian, di Coustan, non ci facevano entrare. E noi non volevamo neanche… Ci facevano un po’ paura. Insomma. Mi ricordo che cuoceva le patate nel cammino, nella brace. Io sentivo questa cosa che a me sembrava strana. Lui di fatto non faceva niente, mi pare che non avesse neanche una mucca. Faceva qualche lavoro che gli davano a tagliare un po’ d’erba, ma proprio poco. E ogni tanto, mi pare, ogni tanto beveva. Sì, loro bevevano. Beveva quando… quando c’era qualche momento di festa, che qualcuno portava il vino. Perché lui del vino non ne aveva. E quindi quando c’era l’occasione che Sergio ne suonava due, e allora si beveva un po’, lui… lui beveva. E ci voleva molto poco per fare una bevuta. Invece Gian… aveva… aveva l’impressione anche di un uomo colto. Cioè, come se sapesse delle cose del mondo, Gian. Era uno che aveva dei ragionamenti, non era sciocco. Aveva un suo modo, qualcosa quasi di signorile, secondo me. Era qualcosa di intelligente proprio, Gian.
Domanda: L’uso specifico del Purtièt, tu te lo ricordi, era da legnaia, da stalla…
No, stalla no, stalla c’era la stalla. Era molto bello. Era bellissimo. La stalla dove loro vivevano, dormivano, e mangiavano, e tutto. E quello è il posto dove loro praticamente… È lì, è quella stalla lì dove loro sono…vissuti praticamente. Sì, perché d’inverno faceva freddo, e quello era l’unico posto, cioè se avessero dovuto tenere acceso il putagè o la stufa in casa si mangiava tutta la legna di questo mondo e non avrebbero avuto caldo lo stesso per dormire. E quindi? Esattamente come dormivano, per esempio, messi tutti insieme, perché loro erano… erano tanti. Quando è nata Zia Rita e Zio Talìn, lì sono gli ultimi anni che sono stati, però sono stati. C’erano ancora tutti. Sì, perché Zia Maria si è sposata dopo, Zia Nina si è sposata dopo. Erano nove, quindi. Non nove, perché due uomini andavano a fare gli acciugai. Quindi nonno e zio Giorgio già non c’erano. E poi papà dopo tre anni. E loro dormivano comunque tutti sopra. Sotto che cos’era? Era comunque una cucina che però si viveva solo d’estate. C’era il letto grande in mezzo, il letto della nonna, lì dove il pavimento era piegato. Lì c’era il letto della nonna, era lì. E la nonna, io ricordo bene che dormiva lì. Dormiva lì perché ci dormivamo anche noi. Io ho dormito con la nonna un mucchio di volte. Sopra c’erano tutti i letti. Sotto c’era il letto della nonna. E quindi non c’era non c’era un tavolo dove mangiare. Il tavolo, quello lì, è arrivato dopo. Il pavimento di terra, il letto. Poi c’era quell’altro armadio, quello che si incastrava a due, che era messo nella parete di là. E una madia non c’era. La parte di là non mi ricordo. Era una stanza unica, quello sì. Era una stanza unica, ma proprio bene quello.
Domanda: te lo ricordi tu l’episodio di Tin de Gian, quello dei partigiani al culo del castagnarro?
Era Tin de Gian che tornava che tornava a casa dal mercato, da Dronero, ie l’hanno fermata alla Piancetta. L’hanno fermata alla Piancetta e… e lei insomma, aveva protestato un pochino. E ‘ i man dic: mettiti al culo del castagnarro‘. Lei raccontava che i partigiani le avevano detto di mettersi mettersi al culo del castagnarro.
Domanda: E invece ti ricordi quel sempre di Tin de Gian che doveva andare dal dottore perché le hanno chiesto come stava. Ringraziando il signore non si è mai andato dal dottore in Tronero. Non si è mai lavato il culo. Non si è mai lavato il culo. Stasi tanti anni, tanti anni non si è mai lavato il culo. Ma… Avevano un mercato a vendere della roba. Eh, sì. Sì. Andavano giù con la mucca. Un asino. No. Un asino.
Secondo me avevano molti avevano l’asino. Secondo me. Sì. Gian aveva l’asino. Aveva la stalla con l’asino. Io me lo ricordo bene. Custan aveva il mulo e portava più roba con il mulo naturalmente. Andavano su e giù con l’asino e col mulo. Toni aveva la mula. Andavano a vendere… Gianìn aveva anche il mulo. Sì. C’è una foto. Devo chiedere che me la diano. C’è una foto di Gianìn sul mulo. Vendevano poche cose. Vendevano le patate quando era il momento delle patate. Qualcuno, forse qualche formaggio. Qualche uovo. Qualche formaggio, uova, gallina. Qualche gallina. Non chissà cosa. E infatti la storia di Oi pum e oi meure. Portavano un po’ duro. Una delle scene veramente per me che io ce l’ho ancora in mente è la fatica proprio di quando portavano il fieno. Cioè lì li vedevi proprio… Li vedevi proprio sfiniti.
Proprio Gianìn sembrava forse anche arrabbiato col mondo. Le trusse erano pesanti. Infatti si caricavano le trusse dal pezzo della strada che dava poi sul sentiero in modo che si potesse mettere sulle spalle. E poi la si posava di nuovo in un posto dove c’erano gli scalini in modo da non fare… Oppure le prendevano da in ginocchio. Io mi ricordo che si inginocchiavano e si appoggiavano. Ed era comunque quando li vedevi con una… fatica estrema. Quelli di Ingerb avevano i conigli. Avevano i conigli forse, hai ragione. Perché qualcuno aveva i conigli e andavano a pelare. Anche la mamma di Piero aveva i conigli, secondo me. Aveva qualche gabbia di conigli. Quando dici andavano a pelare vuol dire che alcuni giorni proprio… No, pelare, pelare l’erbo, tagliare l’erbo. Ah, tagliarla col messuirin, quello piccolo. La pelavi proprio. Prendevi con la mano e… Due verbi diversi. Quello ce l’avevano insegnato, io l’avevo imparato da Tony, da papà. Sì, ma io a tagliare col messurino ho provato, cioè si dominava, era più piccolo, era più… L’altro anno. Quindi due verbi diversi. Pelare e tagliare basso col messurino. E l’altro, come dicevano i conigli? Tagliare l’erbo. Perché voi dite… Sear, sear. Ecco, sear. Sear con l’udai. Sear con l’udai. Quando voi eravate piccoli… c’erano 15 persone. Ma non c’erano più tutta la parte delle case di fianco ai Gianet. Era vuota. Era già vuota allora. Tutti i Simondi, quelli erano, mi direi, i Simondi, Censo, Pasqualin. L’hanno lasciato andare… Quello lì è stato l’episodio in cui Maddalena diceva che Gianet gli ha detto… Censo… Hai sempre lì lo spazio della casa, no? Mi te pago… Ma sì, no? E Maddalena diceva che Censo è morto, qualcosa che gli ha mai pagato la cena. Mentre si…
Io ricordo qualche… una cucina forse, con qualche piatto di ceramica. Io mi ricordo i piatti di ceramica. Anch’io, anch’io. Io mi ricordo queste case che noi andavamo dentro e sembrava di trovare dei tesori, trovavamo delle piccole cose, no? Anch’io… Sì, c’è una zona… La parte centrale del paese che è proprio quella sfondata tutta. Lì erano tutte… Davanti alla cappella. Proprio lì davanti c’erano tutte case, le foto…
Ma c’era una ringhiera. Io ricordo bene il forno. Il forno era bellissimo, rotondo. Il forno era molto bello. Molto. E il forno forse era di proprietà privata. Era quella della Magna… no, era della Magna… Come si chiamava la mamma di Censu e Pasqualini? Quella che abitava a Brà. Il forno secondo me era loro. Anche se tutti questi forni in realtà… Perché io almeno, sulla mappa che ho visto io, forno della comunità è segnato quello che io non credo di aver mai visto tra la casa di Janin e la casa di Ciafrullin, quella lì a tre piani. Lì c’è proprio un mappale con scritto Forno de Comunità. E quindi vuol dire che gli altri erano privati, anche il nostro secondo me. Sì, sì, sì. Erano privati, non erano della comunità. No, no, infatti Zia nina diceva lo nostro forno. Eh, secondo me di comunità era quello. . Noi avevamo il pezzo di terra nostro. Se ce ne fosse. I dereire. Noi avevamo i dereire che bisognerebbe… I dereire che si collegava subito con i boschi.
Finito il sentiero. Lì, io mi ricordo che c’era un ciliegio. Lì sarebbe bello con gli altri.
Un ciliegio grande, vecchio, che non faceva più niente. Che un’estate ci siamo messi lì, io, Ziott
Talin e Zia Pina, e l’abbiamo tagliato col truplou. Mamma mia. Lì sarebbe bello… Adesso le piante sono tolte, no? Sarebbe bello far emergere, che io non ho né il coraggio né la capacità, la barma del culou. Perché lì c’è la barma dove vivevano la Volpe e il Lupo. Lì c’era il campo rotondo. Era lì? Era lì. Attaccato a Ilai dereire? C’era un pezzo prima e poi c’era il pezzo dopo. Lì è una specie di anfiteatro, molto bello. E sarebbe bello far emergere il sentiero. Io ci sono andato una volta sola, me lo ricordo. Forse mi ha accompagnato Zio Talin. Perché io con Zio Talin, prima che ci fosse la separazione definitiva, una volta lui mi ha accompagnato a vedere tutti i pezzi dal bial fino allo stradiero. Tutti i nostri pezzi. Lui li sapeva ancora tutti. Non si ricordava bene, che invece papà si ricordava, dove erano i termini. Sapeva che questo pezzo era, la Gavio era nostro, ma partire esattamente… Invece papà se le ricordava tutti i termini. Stavo pensando che tu sai, cosa che invece io non ho memoria, che lì più o meno, dal nostro Ilai dereire, mi hai detto, partiva il sentiero… che andava alla Margherita, lungo il crinale, non il crinale, sotto il crinale, a metà, quello che poi è scivolato con la bara. È scivolata una bara. che mentre la portavano allora non sono mai più passati di lì. Non sai in che periodo, quando, come, chi, no. Certamente nell’ottocento. Quello lì è anche bello, che lì vuol dire… Anche lì, quel sentiero va a finire alla Cumba. Va alla Cumba, non va al pilone, va tutto basso? Va tutto basso sotto, tutto sotto. Ed è lì che ci sono dei punti molto scoscesi, sotto il Pilun gros. Il più grosso è il secondo? Eh sì. Il primo è più piccolo.
Domanda: Tu non hai mai sentito niente di chi o quando ha fatto costruire questi piloni?
Eh no. Tra l’altro è una pittura raffinata. Secondo me sono prima della guerra, prima della prima guerra. Non è una pittura… Sono risuolto per la guerra. Non è una pittura popolare, non so come dire, naif. Lì è una bella mano. Chi ha dipinto quel lì, è una pittura raffinata. Sarebbe bello capire, va a sapere cosa… Va a sapere lì cosa… E l’altra cosa strana, appunto, è di Codisart. Ne ho sparito così, no? Era bello, no?
Io me lo ricordo ancora Codisart come borgo. Però aveva due o tre case in tutto, era già piccolo. Sì, era piccolo. Finito il Mercand, finito tutto. Il Mercand, tu dicevi, c’è un aspetto positivo della sua vita. Comunque è un uomo che ha assistito ai partigiani. Mi ricordo che una volta hai detto una serie di cose. No, ma lui per esempio, lui ci teneva perché era un blagor. Lui era sì. Quindi doveva far vedere a tutti che era… Perché aveva bisogno. Eh beh, certo. La sera della festa della Margherita, al ritorno da casa, al ritorno non si veniva a casa, si andava dal Mercand. Non tutti. Io sono andato una volta, perché poi dormivi per terra. Paiassun, paiassa, e si ubriacavano tutti fino a non poterne più essere finiti. Ma c’era questa tappa obbligatoria, e al ritorno della Fridia si andava… Un segno di ospitalità anche magnanima. Sì, sì, sì. Lui tirava fuori le salsicce, i salami, i formaggi. Lui aveva un sacco di… Non avevano soldi. Pochi. E si ubriacavano tutti. Non lo compravano. Si ubriacavano anche di poco.. Non lo compravano. Lo compravano da Tin de l’Ostu: era una donna che vendeva il vino alla Margherita. E alla Festa della Madonna. Lei veniva alla Festa della Madonna. Sì, lei aveva una piccola trattoria proprio. Allora lei davanti a mangiare… osteria. Ma sì, ma non è che stessero ubriachi giorno e notte. Si ubriacavano il giorno della festa. Sì. Si ubriacavano il giorno della festa. Solo che anche noi abbiamo un’amplificazione del ricordo su certe cose. Ne ricordi meno altre, no? Stavo pensando a una cosa del Marcand. Tu ti ricordi che in una delle sue case, perché il Marcand aveva più case, ne aveva una che aveva un laboratorio, una sorta di laboratorio artigianale. Aveva degli strumenti, aveva tantissimi strumenti. Che va a sapere, lì saranno o stati nascosti dai crolli o rubati, io non so, no? O portati a Piacenza. O portati via. Portati via. Poi si chiama la sorella di Zia pina. E c’era Anna e Anita. Anita, no, non era la sorella. Era brava, era la cognata. Era la moglie di Cousteau. Anna, che era una professoressa. Sì. Anna Maria. Eh. Anna Maria. Quindi era Giapina, Anna, Cousteau. E stavo pensando, forse erano solo tre. Forse erano solo tre. E poi Cousteau è lì, lo so, perché Michelino mi ha raccontato il dettaglio, che è andato in Russia, mi ha raccontato tutto lì. Cousteau era tanto amico di papà, tantissimo. Erano tutte le feste insieme, sempre insieme. Cousteau del Mercando. Sì. Era ultra, papà stravedeva per lui e viceversa. Pensare che, adesso non per dire, ma Cousteau non era uno che poi dopo la Russia, appunto, beveva, giocava. No, lui beveva tantissimo. Beveva tantissimo. Quando eravamo in montagna insieme, andavamo, a Vigna. A Vigna, mia mamma andava per funghi. Lui era sempre a giocare a carta e giocare a boccia. Lui giocava, beveva e lavorava poco. Perché suo padre lo manteneva.
Ma è tuo invece del nostro nonno Pinet? No, nessuno ricorda. A me una volta. Morto che io non ero ancora nato. Morto nel 42, 43. Piero Chiapello, Piero Poliziotto, mi ha detto tuo nonno e mio nonno sono stati ricoverati insieme per essere curati dall’alcolismo mi ha detto questa cosa, mi ha detto erano tutti e due veramente che bevevano tanto, no? Però io di più non ricordo. Piero era anche una memoria, aveva una memoria straordinaria dei fatti anche lui. Sì, poi è sempre stato lì, quindi. Io mi ricordo quando raccontava che una volta si è infilato uno stivale e dentro c’era una vipera. Lui aveva un sangue freddo, Piero, e ha capito che non doveva agitarsi non so come dire, e lui sparava alle vipere. Ti ricordi? Sì. Quando andavamo in giro a camminare o qualcosa gli altri avevano il purès, come si chiama in italiano? Come si chiama? L’acetta? No, no, no. Il purès è il… È il purès, come si chiama in italiano? La roncola. La roncola. La roncola, la roncola. Io ce l’ho ancora quella vecchia, dico io. E gli altri? Con il… Il manico. Con il manico schiacciato per infilarci, che la usavano anche per tagliare i rami alti solo che per tagliare i rami alti doveva essere ben chiusa, perché altrimenti ti veniva in testa. E quindi gli infilavano un bastone? Infilavano un bastone. Ah, fagli una foto poi una volta che si veda questo particolare. E lui invece andava in giro con la pistola. Quando andavamo a passeggio lui diceva se c’era una vipere, come dire, ci sono io. Non è tanto che è morto, quanti anni? Eh, non è tanto Raffaele, ma sai, a fare trent’anni si fa anche in fretta. E lui raccontava quando hanno arrestato i brigatisti rossi, raccontava su Torino, su un bus, che avevano paura anche perché c’era pieno di persone e quindi dovevano arrestare ma senza che si verificasse possibilità, no? Sì, lui ogni tanto arrivava in divisa quasi a confermare che faceva poliziotto. Era una persona, sì sì, era bravo anche lui, ma loro erano buoni di famiglia secondo me. Suo papà era buono, sua mamma era buona. E la mamma di sua mamma era Mirino. Maria Gianti, la levatrice, era la nonna di Piero. E anche la nonna di Rita da Pradleves.
