Anna Rovera era nata a Dronero nel 27/02/1909.
Anna era una bambina molto intelligente, tanto che suo padrino, che si era stabilito a Dogliani dove faceva l’acciugaio, si offrì per ospitarla e pagarle gli studi. La famiglia però non voleva, Anna era grande e poteva aiutare ad accudire i fratellini. Per Anna fu un grande dispiacere.
Dopo essersi sposata il 21/08/1937, aveva seguito il marito, Rovera Magno, acciugaio, in Francia, dove avevano per qualche anno venduto acciughe ai mercati di Antibes e Vallauris.
Anna Rovera aveva accettato con piacere la proposta di essere di supporto a questo lavoro di raccolta della sua straordinaria testimonianza orale. Alla fine del lavoro, nella primavera del 1996, erano state registrate dalla voce Anna Rovera, commentate e archiviate 23 storie della tradizione di Borgata Ghio, su nastro magnetico.

Anna Rovera, con la sua voce modulata di soprano, cantava anche numerosi canti, religiosi o della cultura popolare occitana, che sono stati raccolti in parte sugli stessi nastri magnetici.
Anna Rovera era la madrina di battesimo dell’intervistatrice, Elena Rovera.
Anna Rovera è morta a Bra nel maggio del 2002.
Fotografia: Anna Rovera mentre registra le Storie a Bra, primavera 1996.
Fotografia di Elena Rovera
Giuseppe Rovera era nato a Dronero il 12.10.1915.
“Aveva dieci anni, il piccolo Pinìn, quando scese da Ghio di Dronero, seguendo l’esempio del papà, del nonno e del bisnonno. Tirando il suo carretto saliva i pendii delle Langhe fino a Tre Stelle, a Barbaresco, a Valdivilla, a Trezzo e a Costigliole. Con Giorgio, il fratello più grande, girava per quelle cascine dove il padre Pinèt, gli zii Gian e Pinòtu ed i nonni Giòrs e Pìn avevano, a fatica, ottenuto la fiducia dei padroni. Portava un buon prodotto, acquistato in Spagna o in Sicilia, in una rete di rapporti commerciali che egli ancora non intuiva. Partiva da Alba allo spuntar del giorno, in treno; da Neive poi, a piedi o in bicicletta, raggiungeva i piccoli depositi di merce di Castagnole, Mango, S. Stefano e Canelli. Così ogni mattina, per guadagnarsi la giornata e potersi finalmente permettere, con i ricavati delle vendite, quei gelati, quella cioccolata, quel caffè dei quali in montagna aveva sentito parlare, ma che non aveva mai potuto concedere al suo palato. Spesso dormiva nelle stalle e il compenso per le acciughe vendute era in prodotti, come uova o formaggio.
Il piccolo acciugaio portava con sé l’odore di quell’antico alimento, per la conservazione del quale non occorrevano additivi chimici né sostanze coloranti, ma solo tanto sale. Portava con sé i suoni della dolce parlata occitana che doveva barattare, per vendere o farsi ospitare, col più comprensibile dialetto piemontese. Ma nell’animo rimaneva montanaro, orgoglioso e testardo come “Roccia”, questo era il soprannome della sua famiglia. L’acciugaio scuoteva le acciughe per liberarle un po’ dal sale, perché altrimenti le donne si lamentavano di pagare il sale al prezzo delle acciughe.
E molti anni dopo, nel suo dolce occitano, Pinìn avrebbe raccontato ai propri figli, Giorgio, Carlo e Elena, tenendone la testa tra le ginocchia, nelle ore di riposo, dopo il mercato, quando ancora i pantaloni odoravano di olio e salamoia, le storie di Dusìn, di Bel Pùm e Belo Scorso, della Testa da Mort e delle Bestie Piciòte. Perché gli acciugai erano anche meravigliosi narratori di “storie”.
I loro erano racconti arguti o drammatici che tornano sempre alla mia memoria, quando pulisco l’aglio e le acciughe per la bagna cauda che amo tanto, proprio come amavo le storie di mio padre, l’acciugaio Pinìn”.
E’ morto a Magliano Alfieri il 29.01.1992.